[icon name=”file-pdf” style=”” color=”” size=”16″ ] La nascita indesiderata determina una radicale trasformazione delle prospettive di vita dei genitori, i quali si trovano esposti a dover misurare (non i propri specifici “valori costituzionalmente protetti”, ma) la propria vita quotidiana, l’esistenza concreta, con le prevalenti esigenze del figlio, con tutti gli ovvi sacrifici che ne conseguono: le conseguenze della lesione del diritto di autodeterminazione nella scelta procreativa, allora finiscono per consistere proprio nei “rovesciamenti forzati dell’agenda” di cui parte della dottrina discorre nel prospettare la definizione del danno esistenziale (Cassazione civile, sez. III, sentenza 04.01.2010, n. 13)

La Suprema Corte, in netta rottura con l’orientamento precedentemente espresso dalle Sezioni Unite nel 2008, riconosce espressamente al padre il diritto al risarcimento del danno cd. “esistenziale” subito a causa della nascita indesiderata di un figlio, in conseguenza di una tardiva diagnosi medica di una malformazione fetale e consistente nel cambiamento di vita che investirà la sua vita, imponendogli “di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa o peggiore di quella che avrebbe altrimenti condotto“.

La Corte ha infatti precisato che “in casi del genere, il danno risarcibile non può essere limitato solo al danno alla salute in senso stretto della gestante“. Se infatti il padre non ha titolo per intervenire sulla decisione di interrompere la gravidanza, ai sensi della L. del 1978, diversa questione è quella relativa al danno che il padre può subire, perchè altri hanno impedito alla madre di esercitare il diritto di interruzione della gravidanza, che solo la medesima legittimamente poteva esercitare.

La mancata interruzione della gravidanza, determinata dall’inadempimento colpevole del sanitario, può pertanto essere a sua volta causa di danno risarcibile per il padre del nascituro.