Attraverso la sentenza in esame, vediamo come la posizione giurisprudenziale più recente che la Corte di Cassazione assume nella liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante ed, al contempo, nella liquidazione del danno non patrimoniale subiti dagli eredi di una vittima di malasanità.

La fattispecie

La sentenza della Corte di Cassazione in commento (cioè la n. 28988 del 2019) si riferisce ad una domanda di risarcimento dei danni che i genitori di un minore, avanzata sia in proprio sia quali esercenti la potestà sul minore, svolgevano nei confronti di una ASL, per i danni subiti dal minore e dalla madre in occasione del parto. I familiari, infatti, lamentavano dei “danni patrimoniali (lucro cessante da inabilità permanente e danno emergente da perdita di possibilità attuale e futura – cd perdita di chance – lucro cessante da inabilità temporanea, ed emergente e per spese vive sostenute e da sostenersi) e non patrimoniali (biologico da invalidità permanente e temporanea, alla vita di relazione, alla veste estetica, morale soggettivo, esistenziale, alla vita privata, al rapporto familiare parentale, per la lesione del diritto ad una compiuta informativa e, comunque, per la lesione dei diritti personalissimi inviolabili)”.

Il giudice del primo grado, però, respingeva la domanda, mentre la Corte d’Appello adita dai familiari, condannava i convenuti al risarcimento dei danni.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la compagnia garante per la RC sanitaria della struttura.

In prima istanza, la Compagnia di assicurazione denunciava vizi nella determinazione del danno non patrimoniale in favore del minore danneggiato. La Corte d’Appello, infatti, pur facendo riferimento ai criteri contenuti nelle tabelle milanesi che computano nel valore base la componente del danno morale, avrebbe: “erroneamente personalizzato il danno nella misura massima del relativo parametro», quando la personalizzazione, al contrario: «andrebbe riferita a situazioni assolutamente particolari non ricorrenti nel caso di specie, in cui il deficit permanente del 13% era lievemente superiore alle cd micropermanenti”.

In secondo luogo, si lamentava una errata determinazione del danno patrimoniale in favore del minore.

La circostanza infatti: “che il padre del danneggiato fosse un carabiniere non può costituire una presunzione in ordine alla predisposizione del figlio per la carriera militare che richiede, invece, il superamento di prove selettive”. Ancora, sul punto, la compagnia assicuratrice, affermava che “la lieve percentuale invalidante non sarebbe tale da compromettere una lunga serie di attività lavorative, soprattutto di carattere sedentario, con retribuzioni anche più elevate rispetto alle mansioni manuali”.

Infine, si denunciava una errata determinazione nella liquidazione del danno non patrimoniale in favore dei genitori del minore. In particolare: “la configurabilità di una compromissione di tipo esistenziale sarebbe compatibile con lesioni particolarmente serie e non con quelle in concreto riscontrate”.

Il principio di diritto

I giudici Supremi, con la sentenza in commento, hanno affermato che, in presenza di un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e l’attribuzione di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamico-relazionale).

In presenza di un danno permanente alla salute, quindi, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari.

Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento

Conclusioni

In conclusione, la Corte La Suprema Corte, con la decisione N. 28988 del 2019, in primo luogo, ha ribadito, una volta per tutte, la propria posizione a proposito della c.d. personalizzazione del danno non patrimoniale.

A proposito del danno non patrimoniale, infatti, è ormai da tempo pacifico che il danneggiato, se intende ottenere il riconoscimento di una “personalizzazione” del danno non patrimoniale deve allegare e provare l’esistenza di “circostanze anomale e peculiari” rispetto alle ordinarie conseguenze negative che ‘qualunque’ vittima di lesioni analoghe ‘normalmente’ subirebbe, e che sono già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari.