Risarcibili i pregiudizi derivanti dal peggioramento della situazione delle vittime cd. secondarie a seguito delle gravi lesioni riportate dal congiunto.

La fattispecie

Il Tribunale di Milano aveva condannato a pagare € 22.000,00 a titolo di danno biologico all’attuale moglie (all’epoca dei fatti convivente) del danneggiato da incidente stradale.

In particolare era stato riconosciuto (a seguito di consulenza tecnica d’ufficio) un pregiudizio nella sfera psichica della donna, determinato dall’”innegabile sconvolgimento della vita di coppia”.

Nel successivo giudizio d’appello la sentenza era stata confermata, avendo ritenuto la corte territoriale non esservi lesione del rapporto parentale, dato che l’attuale marito era sì macroleso (i postumi sono risultati essere del 79%) ma comunque conservava una sua propria autonomia potendo guidare un’auto (seppur adeguatamente modificata), procreare e lavorare.

La vicenda è giunta quindi all’attenzione della Terza Sezione della Cassazione Civile.

Il principio di diritto

La Cassazione, con ordinanza n. 11212 del 24 aprile 2019, nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto “non logiche” le affermazioni contenute nella sentenza d’appello, secondo cui il pregiudizio subito dalla moglie nella propria sfera psichica sarebbe stato completamente ristorato con il riconoscimento del solo danno biologico, posto che i giudici d’appello nella motivazione della sentenza di seconde cure non hanno valutato se l’elevata percentuale di postumi permanenti abbia avuto incidenza sull’ambito dinamico-relazionale della donna. Si è infatti limitata ad affermare che il fatto di poter continuare a guidare l’auto, e avere un figlio, sarebbero di per sé sufficienti a eliminare in radice qualsivoglia altro pregiudizio nella sfera psichica della donna (già ristorata, secondo i giudici di primo e secondo grado, dal riconoscimento del proprio danno biologico).

In particolare la Cassazione ha ritenuto che nel caso di specie la motivazione della sentenza d’appello non abbia soddisfatto i requisiti di accertamento e valutazione in tema di cd. danno parentale come affermati lo scorso anno dalla Suprema Corte.

Così infatti aveva statuito in una sentenza del 2018: “In tema di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di lesione alla salute, ogni burnus arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato ed accertato, all’esito di compiuta istruttoria, in assenza di qualsiasi automatismo sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della rivelazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistica“.

Per quanto concerne il profilo probatorio, poi, nella sentenza n. 2788 del 31/01/19 la Cassazione aveva sancito il principio per cui “Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza e alla gravità delle ricadute della condotta“.

Conclusioni

In base a quanto affermato quindi dalla Corte di Cassazione, spetterà ora nuovamente alla corte d’appello decidere la vicenda tenendo presenti i rilievi formulati dalla Terza Sezione.

AVV. Francesco Cecconi