Il consenso informato
Prima di parlare della specifica situazione dell’urgenza, appare fondamentale capire cosa sia realmente il consenso informato: la necessità che i sanitari informino dettagliatamente i pazienti, prima di qualsiasi intervento o trattamento sanitario, al fine di ottenerne un libero e consapevole consenso, è un principio che si è affermato in giurisprudenza e poi ha trovato affermazione nel nostro sistema giuridico, solo a partire dalla seconda metà del secolo scorso; prima di allora, infatti, era pacifico che il medico potesse liberamente decidere senza dover acquisire alcun tipo di consenso da parte del paziente: l’Appello di Milano, il 16.10.1964, diceva infatti che “risponde a criteri di ragionevolezza che devono caratterizzare la valutazione dei fatti umani oltre la astrattezza ed il formalismo delle norme, che il chirurgo taccia al malato la gravità de suo male e il rischio che un’operazione comporta, criterio sanzionato da una prassi tramandata a noi da tempi antichissimi (si pensi al giuramento dell’osservanza del riserbo cui Ippocrate sottoponeva i suoi allievi) e consacrata in principi deontologici secondo cu il velare al malato la cruda verità è precipuo dovere, forse il più nobile del medico, cui spetta, secondo un chiarissimo medico e scrittore della soggetta materia, di vagliare ciò che il paziente debba sapere e quanto debba essergli celato.”

Questo modo di ragionare ha subito con il tempo vari mutamenti, grazie non solo alle norme del CC ma anche e soprattutto grazie alla Carta Costituzionale, nei suoi articolo 2, 13 (la libertà personale è inviolabile) e 32 (la Repubblica tutela il bene alla salute che p un diritto fondamentale dell’individuo e cure gratuite agli indicenti, nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non per disposizione di legge, ma la legge non può comunque violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana).

La corte Costituzionale ha sostenuto che il consenso libero e informato è un vero e proprio diritto della persona e del paziente e quindi non è più una causa di giustificazione, ma un vero e proprio principio fondamentale in materia di tutela della salute che trova fondamento nell’articolo 2 Costituzione, 13 e 32 . Si è quindi passati, nel rapporto tra paziente e medico, da uno schema gerarchico a una vera e propria alleanza terapeutica, dove entrambi si alleano per combattere la malattia ed assicurare al paziente non una vita migliore, ma quello che egli stesso desidera.

Il paziente deve essere messo concretamente in condizione di valutare ogni rischio ed ogni alternativa; il contenuto dell’informativa però, deve essere davvero il più ampio ed esaustivo possibile, estendendosi fino ai rischi prevedibili e non anche egli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo la probabilità, non potendosi disconoscere che l’operatore sanitario deve contemperare l’esigenza di informazione con la necessità di evitare che il paziente, per una qualsiasi remotissima possibilità, eviti di sottoporsi anche ad un banale intervento. L’obbligo di informazione quindi, comprende tutti i rischi prevedibili, anche se la loro probabilità è minima, mentre non comprende quelli anomali che possono essere inclusi nel caso fortuito.

L’urgenza e lo stato di necessità in tema di consenso informato
Tutto quanto fin qui detto, sono i principi valenti in materia di consenso informato in via generale, ma cosa succede se, all’interno dell’ospedale, in una specifica situazione, vi è così urgenza tale da non poter attendere il consenso scritto dell’interessato? In caso di indifferibilità e urgenza, sarà il medico stesso a dover provvedere, per la salvaguardia e la tutela della salute e della vita del paziente, anche ai sensi dell’articolo 54 cp (stato di necessità), così ha stabilito la Cassazione con sentenza 16503 del 2017.
Per ‘urgenza’ si intende una situazione di impellenza che non ammette ritardi di sorta ed ha a che fare con una deroga o una sospensione del diritto ordinario; l’urgenza così definita legittima il sanitario ad operare ed a porre in essere immediatamente qualsiasi intervento medico indispensabile alla cura della salute del paziente, a prescindere da qualsivoglia consenso di quest’ultimo e successiva validazione giurisdizionale, in base all’articolo 8 della Convenzione di Oviedo e al codice deontologico del medico. In presenza di una necessità impellente di provvedere a cure, interventi e trattamenti immediati per la tutela della salute del paziente, situazione determinata dall’urgenza, il medico è legittimato oltre che doverosamente tenuto, ad intervenire autonomamente a prescindere dal consenso, che nessuna autorizzazione giudiziale. In materia di amministrazione di sostegno l’urgenza legittima il giudice tutelare ad adottare provvedimenti urgenti per la cura della persona e del patrimonio in senso derogatorio rispetto al regime ordinario, che impone la preventiva audizione del beneficiario.

Diverso è il caso dello stato di necessità: analogamente alla situazione d’urgenza, l’intervento effettuato dal sanitario in stato di necessità esclude la necessità del consenso dell’interessato o del suo vicario e dall’altro l’antigiuridicità del fatto, visto che lo stato di necessità costituisce una causa scriminante dell’illecito civile, ex articolo 2045 CC e di quello penale ex articolo 54 CP. Lo stato di necessità suppone però la presenza di alcuni requisiti e cioè che si agisca per una determinata finalità, strumentale rispetto alla salvezza del paziente, ovvero la necessità di salvare una persona, l’intervento deve essere giustificato da una situazione di pericolo attuale, ossia da un rischio imminente nell’ottica di scongiurare un pericolo di danno grave alla persona, quest’ultimo presupposto inteso quale pregiudizio alla vita, alla salute o all’integrità fisica.