Che cosa succede se il soggetto che richiede il risarcimento del danno derivante da un caso di responsabilità medica, percepisce l’indennità di accompagnamento che la vittima ha ottenuto dall’INPS in conseguenza dei postumi riportati? In che rapporto stanno i due risarcimenti per il medesimo danno derivante dalla stessa fonte?

La fattispecie
La vicenda giudiziaria origina dalla richiesta di risarcimento avanzata dai genitori di un neonato che, avendo patito una grave ipossia cerebrale a causa della ritarda esecuzione del parto cesareo, riportava gravi postumi permanenti. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava i convenuti, ovvero il medico di turno, il primario di reparto e l’Azienda ospedaliera, al risarcimento dei danni patrimoniali e non derivati per gli attori.

La Corte d’Appello di Brescia ha riformato parzialmente la sentenza di prime cure, intervenendo sulla liquidazione del danno ritenendo, in particolare, cumulabile l’indennità di accompagnamento erogata dall’INPS con l’ammontare del danno derivante dalla necessità di assistenza quotidiana per il bambino.

La questione è dunque giunta dinanzi alla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione che ha poi deciso di rimandare la questione alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto relativo alla questione «se nella liquidazione del danno patrimoniale relativo alle spese di assistenza che una persona invalida sarà costretta a sostenere vita natural durante, debba tenersi conto, in detrazione, della indennità di accompagnamento erogata dall’INPS». La Cassazione ha quindi chiesto alle Sezioni Unite di specificare se l’indennità di accompagnamento percepita dai genitori fosse da detrarre dall’ammontare del risarcimento oppure se i due risarcimenti potessero essere in un rapporto di sovrapposizione e non di alternativa.

Il principio di diritto
Le Sezioni Unite, ripercorrono brevemente la giurisprudenza sul tema e, da un lato, viene riconosciuta la cumulabilità dell’indennità di accompagnamento con il risarcimento del danno (Cass. Civ. 10291 del 2001) sulla base del fatto che, per l’applicazione del principio della cosiddetto ‘compensatio lucri cum damno’, il vantaggio economico deve essere arrecato direttamente dallo stesso fatto concreto che ha prodotto il danno, con la conseguenza che dall’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno non può essere detratto quanto già percepito a titolo di prestazione assistenziale per l’invalidità, prestazione che si basa su un titolo diverso e non ha finalità risarcitoria.

Dall’altro lato, è stato affermato (Cass. Civ. n. 774 del 2016) che nella liquidazione della danno patrimoniale il giudice deve detrarre dalle spese per l’assistenza domiciliare il beneficio spettante alla vittima a titolo di indennità di accompagnamento, emolumento che incide sulla natura del danno risarcibile eliminando in parte.

Tornando al caso di specie, sul presupposto che l’indennità di accompagnamento prevista a favore di un soggetto danneggiato a seguito di minorazione invalidante mira a compensare direttamente il pregiudizio patrimoniale derivante dall’illecito come una sorta di “anticipazione” solidaristica a copertura degli oneri di assistenza, le Sezioni Unite risolvono la questione riconoscendo l’applicabilità della compensatio.

Conclusioni
In conclusione, il ricorso viene accolto in virtù del principio secondo cui «dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’INPS in conseguenza di quel fatto».