La questione peculiare affrontata dal tribunale di Monza riguarda l’abnorme durata dello stato di invalidità temporanea, protrattosi per ben otto anni, che determina una liquidazione del tutto inusuale del danno, il cui importo finisce per risultare più del triplo rispetto a quello liquidato a titolo di invalidità permanente.

Ma analizziamo più da vicino la sentenza.

I dolori che il paziente ha sofferto per otto anni, causati dalla migrazione nel corpo di graffette inserite con intervento chirurgico, sono fonte di un danno biologico temporaneo, da risarcire quindi in rapporto all’intero periodo di permanenza nell’addome delle clips metalliche.

La fattispecie

Nel 1998 un uomo si sottopone a un intervento chirurgico di ernia iatale, successivamente al quale comincia a lamentare dolori in zona lombo-sacrale. A partire da quel momento, al fine di stabilire l’origine di tali dolori, si sottoporrà a una lunga serie di esami che solo tre anni dopo verranno a evidenziare la presenza nell’addome di corpi metallici.

Nel corso di due successivi interventi di rimozione di tali corpi estranei – l’ultimo dei quali avvenuto nel 2006 – si scoprirà trattarsi di graffette in titanio, utilizzate all’atto dell’operazione di ernioplastica, migrate in posizione diversa da quella in cui erano state originariamente fissate. Dopo un periodo relativamente lungo di benessere, seguito all’eliminazione delle clips, l’uomo ricomincerà a soffrire di dolori nella zona lombare, a causa dei quali sarà costretto ad abbandonare la propria attività lavorativa.

La decisione del Tribunale

Il tribunale di Monza, chiamato a pronunciarsi sul risarcimento dei danni patiti dal paziente, rileva la sussistenza del nesso di causa tra la presenza delle graffette in zona addominale e i dolori sofferti dall’uomo negli otto anni intercorsi fino alla loro definitiva asportazione, ravvisando la ricorrenza di un danno biologico di natura temporanea. Quanto al danno di carattere permanente, il giudice accerta la ricorrenza di una lieve menomazione di carattere anatomico, dipendente dai due interventi di rimozione delle clips, nonché una sindrome di natura psicogena, quale reazione al lungo calvario patito, per un pregiudizio complessivamente valutato nella misura del 5%. Viene, invece, esclusa la ricorrenza del nesso causale con riguardo ai dolori fisici sofferti in epoca successiva all’ultimo intervento, in quanto manifestatisi a lunga distanza dopo l’avvenuta asportazione delle graffette.

Per quanto concerne la determinazione del quantum, il tribunale liquida il danno biologico permanente attraverso l’applicazione della tabella di Milano 2018, con il riconoscimento di una personalizzazione massima, nella misura del 50%, posta la peculiarità della vicenda, fonte di gravi preoccupazioni ed ansie in capo al paziente.

In ordine poi alla liquidazione del danno biologico temporaneo, il giudice monzese prende le distanze dalle indicazioni del CTU, riconoscendo un danno da invalidità temporanea per tutto il periodo di permanenza delle clips nel corpo del paziente. L’invalidità temporanea parziale sarà quindi calcolata – prendendo a riferimento il valore base di 120 euro – in misura percentuale individuata (ad esclusione del periodo di sottoposizione agli interventi di rimozione e relativa convalescenza, in cui viene calcolata in valori variabili tra il 75% e il 25%) nella misura del 10%.

Conclusioni

Quindi, secondo il Tribunale di Monza, con quanto affermato con la sentenza n. 152 del 2019, i dolori che il paziente ha sofferto per otto anni, causati dalla migrazione nel corpo di graffette inserite con intervento chirurgico, sono fonte di un danno biologico temporaneo, da risarcire quindi in rapporto all’intero periodo di permanenza nell’addome delle clips metalliche.

AVV. Francesco Cecconi