In tema di responsabilità del Ministero della Salute per patologie derivanti da emotrasfusioni, ciò che rileva ai fini del giudizio sul nesso causale è l’evento obiettivo dell’infezione e la sua derivazione probabilistica dalla trasfusione, a prescindere dalla specificazione della prima in termini di malattia tipica. Il rapporto eziologico tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la specifica patologia insorta viene apprezzato sulla base delle cognizioni scientifiche acquisite al tempo della osservazione (quindi con valutazione ex post), le quali hanno consentito di identificare e nominare le malattie tipiche.

La fattispecie

Gli eredi di un uomo deceduto a causa di un virus contratto a seguito di un’emotrasfusione (HCV, epatite C) hanno convenuto in giudizio il Ministero della Salute perché fosse accertato che l’insorgere della patologia epatica era derivato da fatto colposo del Ministero convenuto a seguito di emotrasfusioni praticate al paziente. All’esito del giudizio di primo grado la domanda attorea è stata rigettata dal Tribunale di Caltanissetta non essendo ancora note, al momento della trasfusione (1974), quali fossero le patologie derivanti da emotrasfusione. Gli attori soccombenti hanno impugnato la sentenza di primo grado deducendo la vigenza, già nel 1974, di norme relative al rischio di contagio ematico. La Corte di Appello, riconoscendo che nel 1974 la scienza medica non aveva acquisito conoscenza dell’epatite e del modo di prevenirla, ha confermato la sentenza di primo grado. Gli attori decideva quindi di ricorrere in Cassazione

Il principio di diritto

Accogliendo il ricorso degli eredi soccombenti, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2790 del 2019, ha riconosciuto la responsabilità del Ministero della Salute.
Secondo gli Ermellini, l’omissione del Ministero, relativamente ai controlli sull’idoneità del sangue ad essere oggetto di trasfusione, è efficiente sotto il profilo del nesso causale in ordine all’insorgere dell’infezione. Detta omissione è antigiuridica non in quanto, sulla base di una valutazione ex ante, ricorre l’elemento soggettivo della colpa (quale giudizio giuridico sulla avvedutezza dell’agente) legato al criterio della prevedibilità soggettiva, ma perché regole specifiche, poste allo scopo di evitare il rischio di infezione, imponevano il controllo sul sangue umano. Infatti, il collegamento probabilistico (cioè il nesso causale) tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la patologia insorta, va valutato non sulla base delle conoscenze scientifiche del momento in cui venne effettuata la trasfusione (che invece attiene alla colpa), stante l’irrilevanza del criterio della prevedibilità soggettiva, ma sulla base di quelle presenti al momento in cui viene svolto l’accertamento dell’esistenza del nesso causale (al tempo della valutazione da parte dell’osservatore), posto che ciò che deve essere considerato è il collegamento naturalistico fra l’omissione e l’evento dannoso. L’incauta somministrazione in assenza dei doverosi controlli attiene invece all’elemento soggettivo dell’illecito sulla base del dovere di adoperarsi per evitare o ridurre un rischio che è antico quanto la necessità della trasfusione. Peraltro, in base al costante orientamento della stessa Corte di Cassazione, in caso di patologie conseguenti a infezioni da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, non sussistono eventi autonomi e diversi ma solo manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo, sicché anche prima dell’anno 1978, in cui il virus dell’epatite B fu definitivamente identificato in sede scientifica, con conseguente scoperta dei mezzi di prevenibilità delle relative infezioni, è configurabile la responsabilità del Ministero della Salute per l’omissione dei controlli in materia di raccolta e distribuzione del sangue per uso terapeutico e sull’idoneità dello stesso ad essere oggetto di trasfusione, già consentiti dalle conoscenze mediche e dai dati scientifici del tempo.Pertanto, la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del Ministero della Salute per l’omissione dei controlli in materia di raccolta e distribuzione del sangue per uso terapeutico e sull’idoneità dello stesso ad essere oggetto di trasfusione, già consentiti dalle conoscenze mediche e dai dati scientifici del tempo anche prima dell’anno in cui il virus specifico dell’epatite fu definitivamente identificato in sede scientifica, con conseguente scoperta dei mezzi di prevenibilità delle relative infezioni.

Conclusioni

In base a questa pronuncia quindi, ciò che rileva ai fini del giudizio sul nesso causale è l’evento obiettivo dell’infezione e la sua derivazione probabilistica dalla trasfusione, a prescindere dalla specificazione della prima in termini di malattia tipica. Il rapporto eziologico tra la somministrazione del sangue infetto in ambiente sanitario e la specifica patologia insorta viene apprezzato sulla base delle cognizioni scientifiche acquisite al tempo della osservazione (quindi con valutazione ex post), le quali hanno consentito di identificare e nominare le malattie tipiche.

AVV. Francesco Cecconi